Tuesday 10 February 2009

Non va poi tutto così male

Mario Margiocco ha scritto sul Sole 24 Ore del 1° febbraio un bell'articolo in cui sono messi in risalto i dati positivi, nonostante la crisi, di alcuni settori.

«Così Silicon Valley salva Wall Street

Il 3 ottobre 1934, per volontà di David D. Rockefeller jr., si inaugurava al 65° piano del GE building, al Rockefeller center, la Rainbow room, gran ritrovo al top del mondo. La disoccupazione era oltre il 20 per cento, negli Stati Uniti. Da allora, la Rainbow Room è stata lo specchio della fiducia di New York.

Oggi una parte rischia la chiusura, c'entra anche il calo della ristorazione di lusso, ma la disputa è soprattutto su un aumento del canone d'affitto che Cipriani, dal '98 gestore dei locali, ritiene esoso: la proprietà si comporta come se gli affitti crescessero al ritmo di ieri, ma non è più così, e la vertenza è mediata da un giudice. Può darsi che l'intera Rainbow room sopravviva intatta. Come continua ai piedi del Rockefeller Center il Radio City Music Hall, altro simbolo della fiducia controcorrente ai tempi della Depressione. Nato per grandi musical, che non reggevano nel '32, passò ai film l'anno dopo, inaugurati da "L'amaro thé del generale Yen" di Frank Capra, e da allora è simbolo di una New York che non cede.

È possibile, anche oggi, salvare una riserva vitale di fiducia. Accanto a molte imprese e settori che riducono il personale, non manca chi assume. Per prima cosa, e malgrado i pessimi dati economici su quasi tutti i fronti, quasi sempre i crolli di produzione, gli aumenti di disoccupazione, la frenata dei consumi hanno ancora un precedente peggiore negli ultimi 60 anni. Questo vuol dire che altre volte l'economia mondiale si è trovata in condizioni non troppo diverse.

Due aspetti tuttavia pesano oggi in modo abnorme e sembrano identificare lo specifico della stagione attuale: il debito, che mai è stato sul Pil ai livelli 2007/2008 soprattutto in Stati Uniti e Gran Bretagna; e il pessimismo, che però come l'ottimismo di alcuni anni fa ha senz'altro una componente irrazionale. Del tutto irrazionale l'ottimismo di ieri, certo in parte irrazionale il pessimismo di oggi. Non a caso i due troppo a lungo inascoltati maestri dell'irrazionalità economica, John Maynard Keynes e Hyman Minsky, sono tornati in gran voga.

In molti hanno scritto che i due emblemi della grande crisi, negli Stati Uniti, sono Wall Street smembrata e la Silicon Valley in letargo. Wall Street è a pezzi, chissà quando e come risorgerà, e si è portata dietro una fetta non piccola, tra l'altro, del potere americano. Dalla Silicon Valley tuttavia le notizie non sono così brutte. La Hewlett Packard, primo gruppo tecnologico mondiale, ha cancellato gli aumenti di stipendio che dovevano scattare a febbraio, ma continua l'ambizioso programma di rinnovamento tecnologico affidato al Cio, Randy Mott.

Attorno alla società che ha creato la Silicon Valley, e che fu fondata nel cuore della Grande Depressione (1935), non tutto è fermo. Chi fornisce software as a service, o Saas (su misura), sta spesso assumendo, come ad esempio LiveOps, che vende un Saas in grado di sostituire le tradizionali attività di call center. «È una situazione un pò surreale, perché stiamo crescendo bene e investendo mentre il resto del mondo sembra scioglersi», ha dichiarato nei giorni scorsi l'amministratore delegato Maynard Webb al Mercury News, il quotidiano di San José. Altre aziende locali stanno assumendo. E i salari dei top people non stanno scendendo.

Le cifre sulla perdita di posti di lavoro negli Stati Uniti e in Europa, già evvenuti e previsti, sono impressionanti e direttamente legate al crollo del Pil. Ma da un lato le prospettive di disoccupazione non superano ancora punte già toccate in passato, dall'altro non tutto è fermo. E soprattutto, come ricorda un recentissimo studio di McKinsey, «i diversi settori si comportano in modo diverso». Le esperienze passate indicano la strada.

Sanità ed energia

Chi lavora nella sanità, compresa progettazione, costruzione vendita e manutenzione di apparecchiature sanitarie, ha poco da temere. Nel caso americano la spesa sanitaria è aumentata nelle crisi precedenti, rispetto all'aumento medio di spesa delle famiglie nell'intero periodo 84-2006, del '90-91 e del 2001-2002, del 29 per cento in più. (si veda grafico). Ugualmente positive le previsioni per l'energia, soprattutto rinnovabile, ma non solo.

Alimentari

Anche qui spesa in aumento durante le crisi. Notizie di questa settimana dall'Europa lo confermano. La catena low cost inglese Asda, che fa capo a Wal Mart, apre nuovi centri vendita e assume 7mila persone. Non getta la spugna la francese Carrefour, che rimpiazza il turnover. Si spende drasticamente meno per il ristorante, ma di più per il vitto in casa.

Scuola

Balzano le spese per l'educazione. I programmi pubblici hanno un ruolo in questo, ma anche la spesa privata va alla ricerca di knowhow.

Editoria e tv

Buone notizia per libri, giornali e riviste. Lo svago riflessivo e a buon mercato fa valere il suo fascino discreto. La spesa media è aumentata del 53% in più rispetto alla media di tutte le spese, come spiegato sopra a proposito della sanità. L'entertainment, turismo compreso, regge. L'inglese BSkyB, rete tv dell'impero Murdoch, ha appena annunciato mille assunzioni in Gran Bretagna, vista la buona campagna abbonamenti. Altre notizie che definire buone sarebbe eccessivo, ma incoraggianti sì, sono venute in questi giorni da Francia, Germania e altri Paesi europei.

Abbigliamento

Persino un settore in genere perdente nelle crisi, come l'abbigliamento, ha qualche spunto positivo, con la svedese H&M che ha annunciato 7mila assunzioni.

La psiche collettiva si è fermata forse troppo su esperienze passate, come il crollo dei salari durante la Grande Depressione, quando negli Stati Uniti il taglio medio degli stipendi fu del 18% tra il '29 e il '33, con una punta del 58% per le female clerical workers, in pratica le segretarie. In Europa, Italia prima e Germania poi, in molti si mettevano una divisa che assicurava un pane, e sognavano conquiste africane, fuori tempo massimo.

Ma ci si dimentica l'altro aspetto, e cioè che i periodi di crisi sono stati di grande innovazione. Non solo tecnologica, con i grandi passi avanti fatti negli anni '30 da motori, aerodinamica, chimica, trasmissioni. Ma anche nella storia delle imprese. Sedici delle 30 società che formano l'indice Dow Jones industriale sono nate in anni di crisi, dalla Generale Electric durante il panico del 1873 alla stessa Microsoft nel non certo brillante 1975.

«Una notevole parte delle nostre attività economiche dipende più da un istintivo ottimismo che da aspettative matematiche», più «da una spontanea urgenza ad agire contrapposta a un non agire» che non da valutazioni complesse, rifletteva Keynes nel bel mezzo della Depressione.

Frastornati dalle tante voci di sventura, anche sulle sorti dell'euro, gli europei potrebbero fra l'altro trarre un po' di conforto da quanto scriveva nei giorni scorsi (il Sole 24 Ore online ne ha già dato conto) l'autorevole storico dell'economia e delle monete Barry Eichengreen, dalla lontana Baia di San Francisco. L'Europa non è poi così malmessa, osserva Eichengreen. E il fatto che gli attacchi della crisi siano ormai simmetrici, tocchino cioè tutti i Paesi, aiuta a una risposta convergente, e aiuta la tenuta dell'euro. «L'euro non è stato un errore». Il 2008 che ha colpito vari Paesi Uem in modo diverso ha visto preoccupazioni per la moneta unica. Il 2009 potrà far valere tutta l'importanza e la forza dell'euro, se Bce e classe politica agiranno senza timidità e paure
».

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