Friday 24 October 2008

Ma era davvero giusto far fallire Lehman?

L’economista Anna Schwartz in una illuminante intervista rilasciata al Wall Street Journal sembra davvero cogliere nel segno quando boccia il mancato salvataggio da parte del Tesoro statunitense della Lehman Brothers.

Anch’io come altri pensavo che la Lehman dovesse fallire. Ritenevo che fosse corretto dare un segnale forte affinché i partecipanti al mercato iniziassero a temere per la loro sorte e, di conseguenza, ad adottare comportamenti più prudenti e assennati, non potendo più contare su un intervento governativo di ultima istanza. In altri termini era necessario evitare un caso di moral hazard. Ma dopo aver letto le riflessioni di Anna Schwartz inizio seriamente a dubitare che fosse la soluzione più corretta.

Secondo la Schwartz se i regolatori seguono con coerenza certi principi e si dimostrano capaci di operare il mercato risponde ai richiami. Il mercato apprezza la continuità d’azione e, per contro, detesta le azioni mirate in quanto creano incertezza. Oggi si sa quali sono gli interventi ma non si conoscono quelli di domani.

I mercati, afferma la Schwartz, rispettano le autorità di controllo se queste sono nella posizione di saper gestire le situazioni di difficoltà. Se l’azione di governo è ferma, il mercato non reagisce in maniera negativa ai fallimenti delle imprese che hanno operato in maniera avventata. I soggetti che falliscono sono in tal caso i primi a essere messi sotto accusa. Il ragionamento che il mercato segue è: perché dovrebbero essere salvati visto che hanno acquistato attivi invendibili e assunto debiti che non riescono più ad assolvere.

La Schwartz rileva con spiccato acume che, quando alla fine Lehman è stata lasciata fallire, dopo diversi altri salvataggi, i mercati sono sprofondati nell’incertezza, si sono trovati nella posizione di non saper come reagire, per il semplice motivo che invece di risultare solide nei principi le autorità si sono dimostrate erratiche e incostanti.

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